la sceneggiata di renzi

L'ennesima insopportabile sceneggiata è andata in onda alla chiusura delle urne. Il "povero" Presidente del Consiglio racconta il dolore provato nel vedersi costretto a sollecitare gli italiani a praticare l'astensione dal voto per schierarsi dalla parte dei lavoratori delle trivelle. "Gli operai e gli ingegneri, impiegati in quegli impianti sono i veri vincitori", ha detto ieri sera con orgoglio il Presidente. La difesa del posto di lavoro contro il diritto al voto: peccato che quei posti di lavoro non siano mai stati a rischio perché la vittoria del SI' non avrebbe imposto la chiusura immediata degli impianti estrattivi ma avrebbe dato concreta applicazione alla normativa europea che impone agli stati membri una scadenza chiara e improrogabile ad ogni concessione. Sancire questo col referendum non avrebbe danneggiato i lavoratori, anzi! Avrebbe costretto da subito le multinazionali degli idrocarburi (e degli affari!) a provvedere intanto allo smantellamento di quelle trivelle, non più produttive e alla messa in sicurezza di quei siti: cose - queste sì - che avrebbero creato tanti posti di lavoro utili e indispensabili! Ma siccome la dismissione costa troppo, meglio per le potenti multinazionali continuare ad estrarre bassissimi (e quindi "gratuiti") quantitativi di idrocarburi per più tempo possibile. In attesa della fine naturale e progressiva delle concessioni, il Governo invece, in linea con la sottoscrizione degli impegni di Parigi, avrebbe potuto finalmente attivare importanti investimenti a sostegno delle attività di contenimento delle emissioni inquinanti, di produzione di energia da fonti rinnovabili e di riduzione dei consumi energetici. Questi settori sono il futuro del lavoro: tanta occupazione stabile si potrebbe finalmente creare nella direzione di un'altra economia attenta all'ambiente, alla salute di tutti (in primis quella dei lavoratori), nel rispetto e nella responsabilità verso le generazioni future. Partecipazione democratica e lavoro sono principi sanciti dalla Costituzione, di pari dignità ma messi in opposizione fra loro, certamente non a caso, nella conferenza stampa del Presidente del Consiglio: la partecipazione democratica svuotata dalla "astensione utile" attuata come strumento di controllo dall'alto, limitazione della sovranità popolare e sottrazione alla discussione e al confronto; il lavoro, apparentemente difeso a spada tratta dal Presidente ma in realtà già devastato da un altro provvedimento - la riforma, detta "job's act" - che ha smantellato lo Statuto dei lavoratori, i contratti nazionali, legalizzato il lavoro nero e portato al massimo la flessibilità e la precarietà dei lavoratori. Contro gli articoli più nefasti di questa riforma il più grande sindacato italiano, guarda caso, sta raccogliendo le firme proprio in queste settimane. Che disdetta! Ancora referendum! E ancora una volta si attiva, come un anticorpo in presenza di un'infezione, la partecipazione diretta di organizzazioni e cittadini. Signor Presidente del Consiglio, la Costituzione lo dice molto chiaramente: la Repubblica fondata sui principi fondamentali e sui diritti vive e si realizza attraverso l'operato delle istituzioni ma soprattutto grazie alla partecipazione attiva, a partire dal voto ma non solo, dei suoi cittadini e delle organizzazioni democratiche che la società civile si è data in questi 70 di vita e si darà in futuro. Lei che Costituzione ha letto? La triste realtà è che non le interessa affatto difendere e attuare questa Costituzione: non a caso ne ha pronta un'altra ma di ben altro segno.